Com’è noto, si parla di trasferimento quando il datore dispone in via unilaterale la modifica della ede di lavoro del dipendente. Tale facoltà rientra nel novero dei poteri riconosciuti all’imprenditore dal legislatore. Tale potere tuttavia non è privo di vincoli: il datore potrà validamente trasferire il dipendente ad altra sede solo in presenza di “comprovate ragioni tecniche organizzative o produttive” (così art. 2103 c.c.).
Nel caso in analisi la dipendente di una società torinese è stata trasferita dal capoluogo piemontese alla città di Alba. Ritenuto tale provvedimento illegittimo e comunque lesivo delle proprie prerogative familiari, la dipendente ha impugnato con ricorso cautelare chiedendo un provvedimento urgente di annullamento dello spostamento.
Il giudice, nel pronunciarsi sulla questione ha rigettato le pretese della lavoratrice rilevando innanzi tutto come tra il giorno della comunicazione del trasferimento e la proposizione del ricorso fosse intercorso un tempo eccessivamente lungo (tre mesi) per poter rilevare il requisito dell’urgenza lamentato dalla prestatrice. Rileva inoltre il giudice come la misura della società, seppur avendo carattere peggiorativo per le condizioni di vita della ricorrente, dovesse comunque essere sopportato da questo atteso che il “pendolarismo” risulta essere una condizione diffusa tra i dipendenti italiani e le esigenze personali della lavoratrice non potessero prevalere sulle esigenze organizzative aziendali. Rileva difatti il giudicante “Per quanto riguarda la distanza, è pacifico che la sede si trovi a circa 60 km dalla residenza della ricorrente e che, secondo fatti notori e secondo le produzioni documentali, ci si impieghi circa un'ora e venti minuti a raggiungerla con l'automobile (la ricorrente non deduce di non essere in possesso di mezzo proprio); il treno impiega 60 minuti circa a percorrere il tratto tra le due stazioni, oltre a qualche altra decina di minuti per colmare il tragitto tra la stazione ed il luogo di partenza o di arrivo.
Si tratta di un tempo di viaggio che rappresenta sicuramente un disagio ma che non appare intollerabile, anche a fronte dei dati prodotti da parte convenuta in merito al tempo medio di percorrenza casa-lavoro dei pendolari italiani”.